La prima rivista satirica illustrata italiana si chiama “L’Arlecchino” e nasce a Napoli nel 1848.
In quell’anno vivace e tumultuoso numerose sono le consimili iniziative giornalistiche che vengono
alla luce nelle tanti capitali politiche e culturali dell’Italia del tempo:”Lo Spirito Folletto” a Milano, il”Sior Antonio Rioba” a Venezia, “Il Fischietto” a Torino, “Il Lampione “ a Firenze, “La Forbice “ a Palermo. Non tutte hanno lunga vita ma testimoniano in modo efficace la curiosità intellettuale e l’impegno politico di quella che oggi chiameremmo la borghesia illuminata. Nelle biblioteche delle grandi famiglie borghesi dell’Ottocento e del primo Novecento si trovavano sovente le collezioni delle riviste satiriche,locali e nazionali, per la gioia dei collezionisti contemporanei che sono stati in molti casi favoriti dallo scarso amore dimostrato dalle successive generazioni borghesi per le buone letture e,in particolare, per questo genere di arte, la caricatura e la grafica satirica, talvolta considerato,colpevolmente,arte minore.
Ma torniamo al nostro 1848, per poi seguire le vicende politiche dei vari stati italiani e ,di conseguenza, delle riviste satiriche. Non tutte hanno la fortuna di nascere a Torino come “Il Fischietto” che senza soluzione di continuità e sotto l’occhio benevolo di Cavour nella fase iniziale,
sopravvive felicemente per decenni;per gli altri sono molto frequenti le interruzioni e le relative resurrezioni negli anni 1860-61.
Sempre in terra piemontese nasce nel 1856 un’altra importante e longeva pubblicazione “Pasquino” che ha il grande merito di ospitare le belle tavole caricaturali di un eccellente artista che risponde al nome di Casimiro Teja, mentre a Genova viene tollerata negli anni 1849-51 una “Strega”, successivamente chiamata “Maga”, di sentimenti mazziniani e certamente non gradita al governo sabaudo.
Negli anni 60 riprendono, invece, “Lo Spirito Folletto” a Milano, “L’Arlecchino” a Napoli, “Il Lampione “ a Firenze e “La Forbice” a Palermo. A Roma dopo il gran numero di giornali satirici apparsi durante l’effimera stagione della Repubblica romana,bisogna attendere la breccia di Porta Pia e l’arrivo dei buzzurri piemontesi per vedere iniziative editoriali sui due fronti:
I buzzurri unitari e i nostalgici papalini si fronteggiano anche con le armi della satira. I rigorosi ministri della destra storica, in particolare Sella e Lanza ,da una parte e il clero dall’altra sono le vittime preferite dei disegnatori satirici. La satira, per esprimersi in modo convincente , ha bisogno di un clima di tensione morale, politica e sociale. Bisogna ,quindi,attendere la fine del secolo per vedere scendere in campo sul fronte anticlericale “L’Asino”,efficace nell’interpretare anche le istanze socialiste che cominciano ad animare il popolo italiano e sul fronte filoclericale “Il Mulo” e “Il Bastone”che nel socialismo e, soprattutto,nella massoneria vedono i loro mortali nemici ai quali riservano una viscerale avversione. Del resto la satira è molto spesso pungente ed aggressiva,anche se non mancano buone riviste che preferiscono un compassato umorismo o una satira di costume gradevole e politicamente asettica.
La pur sommaria presentazione delle riviste ottocentesche non può tuttavia dimenticare l’interesse dimostrato da alcuni giornali, in particolare “Il Papagallo” di Bologna(splendidamente illustrato nei paginoni centrali di Tommaso Grossi, già pregevole disegnatore de “La Rana”)per la politica estera. Questo fatto dimostra in modo inequivocabile quanto serio sia il tentativo di sprovincializzarsi in atto nelle menti più illuminate della borghesia italiana. Non a caso si cita la borghesia perché i lettori di quelle riviste ottocentesche, salvo le rare eccezioni dei contadini che appendono ai muri delle loro misere abitazioni le pagine colorate de “L’Asino”,appartengono alla borghesia che guarda con interesse ciò che accade in campo artistico in Francia,Germania e Inghilterra.
Influenze della belle epoque e dell’arte floreale tedesca sono rinvenibili in una delle più raffinate riviste italiane:”Italia ride” nata a Bologna nel 1900 e vissuta sfortunatamente per soli 26 numeri,forse troppo raffinata per la maggior parte dei lettori dell’epoca. Hanno molto più successo e dureranno,infatti, per vari decenni, “Il Guerin Meschino” di Milano e “Il Travaso delle idee”di Roma che trattano argomenti do facile comprensione per un pubblico più vasto che negli anni dimostra a questi giornali un sincero attaccamento,assicurando un ragguardevole successo editoriale.
La belle epoque sta concludendo il suo momento felice: si intravedono le forti tensioni internazionali che porteranno al conflitto mondiale. La satira italiana indossa l’elmetto: salvo rarissime eccezioni, sposa le tesi interventiste.”Numero di Torino e “420” di Firenze attaccano duramente Giolitti e i neutralisti, invano contrastati dalle graffianti tavole di Scalarini su l”Avanti”, contribuendo non poco a creare un clima di eccitazione nazionalista che porta all’entrata in guerra del nostro paese .Le sorti belliche non sono rapide e fortunate come era negli auspici delle radiose giornate del maggio 1915 e dopo Caporetto, per una precisa operazione propagandistica nata a tavolino, su suggerimento dei consulenti anglofrancesi, nascono numerose testate satiriche che hanno lo scopo evidente di sollevare il morale delle truppe,demonizzare il nemico e creare un clima di forte avversione nei confronti delle armate austro-tedesche. Tra i cosiddetti “giornali di trincea”meritano una particolare citazione “La Tradotta” e “La Ghirba”per la qualità dei disegni.
Terminato il conflitto, superato il periodo di forte sbandamento generale dell’immediato dopoguerra,anche per rispondere ad una esigenza diffusa di ordine e di sicurezza, con metodi diversi, si fa strada il movimento fascista,trovando in molte riviste satiriche comprensione e simpatia. Mentre “Il Becco giallo” si schiera decisamente e coraggiosamente contro Mussolini e il regime,i tradizionali giornali satirici dal Guerin Meschino al Travaso,dal Pasquino al 420 fiancheggiano apertamente o in alcuni casi strizzano l’occhio al fascismo visto da moltissimi loro lettori come un male necessario per ripristinare una situazione politica e sociale per loro non più tollerabile
Anche nel periodo fascista non manca la satira I disegni potenti ed efficaci di Sironi ne “Domando la parola”presentano il volto del fascismo duro e puro,schierato a fianco delle istituzioni,ma in altri giornali,ad esempio “Il selvaggio “di Maccari si colgono aspetti di una fronda vivace e dimostrano quanto sia articolato il movimento fascista. Negli anni trenta,poi, emergono a Milano e Roma giornali quali “Il Bertoldo” e il “Marc’Aurelio” che sanno parlare anche alla borghesia impiegatizia e,nel caso del Marc’Aurelio in particolare,a quel generone romano non caratterizzato politicamente,molto attento al proprio ambito famigliare e lavorativo.
Epigoni delle riviste satiriche del fascismo si possono trovare anche durante la Repubblica di Salò. Il “Barbagianni” e “L’uomo di pietra” vengono pubblicati sino al 25 aprile 1945 per poi soccombere al tumultuoso vento del nord. Dopo la liberazione nascono decine e decine di giornali satirici di diverso orientamento. Si assiste alla rinascita dei giornali di sinistra e anticlericali,tra i quali il più pungente e combattivo è sicuramente “Il Don Basilio” che si contrappone con vivacità a “L’onorevole Palmillo” di tendenza conservatrice.
Negli anni successivi nel mondo della satira sembra prevalere l’orientamento moderato e conservatore che trova la sua espressione ne “L’uomo qualunque” di Giannini, nel “Candido” di Guareschi e ne “Il Borghese “di Longanesi. La straordinaria personalità di Guareschi e Longanesi è alla base del successo editoriale delle loro riviste che caratterizza gli anni cinquanta e sessanta.
Solo con il movimento del 68 cambia il clima politico e la satira, così naturalmente sensibile a registrare i mutamenti politici e culturali,lo mette in grande evidenza.
“Ca Bala”,seguita da altri giornali underground presenta nuovi artisti anticonformisti attenti alle influenze francesi e d’oltreoceano. Legato al mondo transalpino,in particolare, anche per la collaborazione a riviste parigine, è Pino Zac eclettico,graffiante e dissacrante disegnatore che colleziona processi e successi. La sua verve anticlericale lo fa talvolta indulgere ad eccessi che possono turbare la sensibilità del mondo cattolico,ma non si possono ignorare le sue straordinarie doti di artista satirico .Il suo giornale “L’anamorfico” ha breve durata ma consente anche ai lettori italiani di conoscere la sbrigliata e suggestiva fantasia creativa di un affascinante anarco-individualista di raro anticonformismo.
Negli anni settanta e ottanta prevalgono i giornali di sinistra “Il Male”,”Tango” “Cuore”, che interpretano i diffusi sentimenti dei giovani del tempo:”Il Male” con la sua incontenibile allegria goliardica, “Tango”con la inusuale capacità di introdurre la satira nel serioso mondo del PCI, “Cuore”con una nuova generazione di disegnatori che sanno imporsi all’attenzione generale e riportano in auge la satira nella sua espressione giornalistica.
Da allora i tempi sono profondamente mutati:non mancano tentativi coraggiosi,ma in buona sostanza negli ultimi anni non si hanno riviste satiriche di buna diffusione,salvo il caso particolare del livornese “Vernacoliere” talvolta greve, ma sempre pungente e coerente con la sua impostazione irrispettosa nei confronti dei Palazzi e dissacrante nei confronti dei dogmi.
La satira politica non si esprime più, a parte il tentativo in atto di “Emme” fortemente voluto da Staino, con la consueta modalità del giornale specialistico, ma viene ospitata con vignette in prima pagina, anche per l’abilita’dei vari Altan e Vauro, Giannelli e Forattini, al quale va riconosciuto il merito di avere, a suo tempo, messo a disposizione dei giovani disegnatori lo spazio di “Satyricon” e di aver fatto conoscere al grande pubblico artisti che hanno avuto meritati riconoscimenti negli anni più recenti.
Appare con successo la satira televisiva e, sia pure limitata ad un pubblico limitato, la satira internettiana. Resta il rammarico della mancanza di una rivista satirica a larga diffusione che sappia rinverdire gli allori del passato, ma non deve venire meno la speranza, secondo la nota teoria vichiana dei corsi e ricorsi.