L’occasione dell’incontro viene fornita dall’opportunità di presentare in visione uno splendido album di caricature satiriche del 1848 posseduto da un collezionista bergamasco. In realtà dei disegni caricaturali della Milano del 1948 purtroppo poco si conosce e diventa quindi difficile procedere con sicure attribuzioni, salvo il caso di disegni firmati da Francesco Redenti.

Personalmente ritengo che quelli dell’album potrebbero essere attribuiti a Sebastiano De Albertis, pittore e caricaturista molto apprezzato all’epoca. L’omogeneità del segno grafico dei disegni potrebbe far pensare a un unico album di caricature, appunto di Sebastiano De Albertis.

A quei tempi vi era la consuetudine di far circolare questi intriganti fogli volanti che qualcuno ha voluto definire “segni di giornali satirici”: vi era la tradizione di ritrovarsi a Milano al Caffè Martini che ospitava il citato Sebastiano De Albertis e il raffinato Camillo Cima, mentre a Torino ai Caffè Florio e Nazionale era possibile incontrare Icilio Petrone e Casimiro Teja, fondatori rispettivamente de “Il fischietto” e “Pasquino”.

Tornando all’album, si può rilevare che uno dei bersagli preferiti della satira del tempo è senza dubbio Radestzky. In una tavola viene dileggiato perché vuole dare l’assalto alla fortezza di Alessandria con mezzi inappropriati (Fig. 1). Sul personaggio è curioso il fatto che venga sovente rappresentato vecchio, stanco ed anche un po’ rimbambito: in realtà, come correttamente lo presenta il giornale torinese “Il Fischietto”, il maresciallo era ancora prestante, ma questo aspetto non era gradito alla satira milanese che, come consuetudine della satira anche di altri paesi, non rinuncia al tema scatologico allo scopo di mettere alla berlina il detestato nemico politico.

Ricorrente in molte tavole è l’immagine del contadino milanese alle prese con l’aquila imperiale nella classica contrapposizione tra l’italiano sfruttato e l’austriaco oppressore (Fig. 2). Altre tavole presentano Ferdinando I Imperatore d’Austria descritto con una certa bonomia, incapace di risolvere problemi più grandi di lui e un diabolico messaggero che porta truppe fresche in soccorso a Radestzky.

Gli elementi della morte del diavolo ricorrono frequentemente nelle tavole satiriche che per altro, evidenziano anche altri temi.

Uno particolarmente interessante e di derivazione francese, è la riduzione delle persone in vegetali o animali. Nelle tavole presentate ad esempio gli arciduchi austriaci vengono trasformati in zucche, mentre i soldati croati, accusati di eccessiva fedeltà all’Imperatore, si ritrovano trasformati in somari o maiali (Fig. 3).

Anche se non è il tema dominante di queste tavole si ravvisa una vena anticlericale nel disegno “Eterno riposo” che viene augurato ai despoti e ai “biscottinisti” che rappresentano un gruppo reazionario milanese animatore di salotti nei quali vengono offerti i biscotti (Fig. 4).

E’ opportuno ricordare che la satira, in alcune sue manifestazioni grafiche, è molto anteriore rispetto alla stampa satirica.

Il nome caricatura, espressione della grafica satirica, trova la sua origine in Italia nel ’600 con i Carracci, pittori bolognesi che usano questo termine per indicare l’esasperazione dei tratti fisici utile ad indurre al riso chi guarda.

Una comprensibile attenzione viene riservata nel 1848 alla Sicilia oggetto delle mire inglesi e alla politica estera che presenta come protagonisti il gallo francese e l’aquila imperiale austriaca.

A dicembre del 1848 sul giornale l’”Arlecchino” di Napoli, il primo giornale satirico apparso in Italia, numerosi disegni hanno per tema la competizione elettorale francese per la nomina del Presidente del Repubblica. Luigi Napoleone Bonaparte viene già allora accusato di nepotismo ed è spesso messo in ironica contrapposizione con il grande Napoleone I di cui il nipote sembra un ridicolo imitatore.

Quanto all’”Arlecchino” per concludere con una identificazione politica si può dire che è un giornale ispirato dalla borghesia colta e cosmopolita, di sensibilità moderata ma sicuramente liberale e come tale spietato nei confronti dei codini rivoluzionari e non particolarmente sensibile, a differenza di altri giornali apparsi nello stesso anno, al tema dell’anticlericalismo.

In conclusione appare necessaria una riflessione relativa alla forza espressiva della satira che in vari momenti è stata certamente manifestazione di un insopprimibile anelito di libertà (e questo è particolarmente evidente nel 1848), ma in altri momenti soprattutto nei periodi bellici è stato anche strumento efficace di propaganda. Nella storia della satira, la satira politica si esalta nei momenti di forte tensione morale e, come amaramente si può constatare è anche forse per questo che ora la satira giornalistica non conosce i suoi tempi migliori, ma è indubbio che la satira non morirà mai.